giovedì 18 febbraio 2010

Scarpe

Gli ultimi scandali legati al terremoto in Abruzzo, gli sciacalli che si sono ingrassati, i vermi che hanno gioito pensando alla torta, i bugiardi che negano tutto anche l'evidenza mi hanno riportato ai tempi del terremoto dell'irpinia che ho vissuto sulla mia pelle.

Ricordo quella sera del 1980. Ci si stava preparando per la cena, io ero in pigiama (avevo 8 anni) quando improvvisamente ci fù il tremito.

È strano come a distanza di tanti anni le cose restino vivide nella memoria.

Ricordo il rumore sordo della terra che si muoveva sotto i piedi.
Gli orologi a pendolo partiti  improvvisamente tutti assieme.
Mia madre urlare intrappolata in bagno dalla lavatriche che per la scossa si era spostata a tappare l'uscita.
Mio padre rivolgersi al terremoto chiedendogli urlando "ma quando cazzo finisci?" .
Poi la fuga, senza scarpe giù nelle scale via in auto verso i parenti a scampia, quartiere nuovo e antisismico.

Fu la prima volta in vita mia che vidi la nebbia.
Nella mia ingenuità di bambino pensavo che quel vapore latteo fosse prodotto dai tanti fuochi di fortuna accesi davanti ai palazzi nuovi, altissimi, troppo alti per farti sentire sicuro dopo la botta arrivata dalla terra.

Una volta tornato a casa ricordo che per molto tempo ho dormito con gli stivali di gomma vicino al letto. Pronti per essere infilati in caso di fuga.

Ecco, da allora non riesco a stare senza scarpe in casa.

A chi ha riso pensando alla torta del terremoto abruzzese, a chi si è ingrassato e tuttora si sta ingrassando non posso che augurare di poter provare quella stessa sensazione di vulnerabilità che ti penetra dentro l'anima e non si schioda più, neanche dopo 30 anni.

A queste persone auguro di portare le scarpe in casa fino alla fine dei loro giorni.

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